Sanity is a madness put to good uses; waking life is a dream controlled.



XVIII

Chi sono Welcome In The Universe Contatti

Mi chiamano in tanti modi, ma molto spesso non rispondo. Leda, ski-lellè del creativo, quindici anni o poco più, ovunque ma altrove, V A del Ginnasio di Urbino. Mi piacciono tante cose, tento di farmele piacere se non le conosco ancora. Ne odio poche, tutte da ridere. Controsenso per professione, marionettista per diletto e condanna, antitesi dei luoghi comuni, dannazione di questo regressivo progresso. Forse parlo senza preoccuparmi di essere capita. Non ha importanza, non più. Eppure il silenzio rimane.
MUSIC; Now I'm listening to BOOKS; Now I'm reading
De André • Led Zeppelin • Pink Floyd
The Verve - Bittersweet Symphony
F. De André - Creuza de ma
Guns n' Roses - Knocking on Heaven's Door
Placebo - Passive Aggressive
Phil Collins - Two Worlds
Gorillaz - 19 2000
Jeffrey Eugenides - Le Vergini Suicide
Murakami Haruki - Kafka sulla spiaggia
Ovidio - Le Metamorfosi
Stephen King - It
Begaudeau - La Classe
P. Khoo Thwe - Il ragazzo che parlava col vento
Charles Schulz - Coraggio, Charlie Brown!
MANGA; Inlove with what follows M o d e FILMS; Now I'm watching
21th Century Boys . ???
D.Gray-Man . Hoshino
Dogs - Bullets&Carnage . Shiro Miwa
Mode: Memories COLLECTER

VOLA IL TEMPO LO SAI
che vola e va; forse non ce ne accorgiamo
Ma più del tempo, che non ha età
Siamo noi che ce ne andiamo.
Can you feel the pressure?

i m p l o d e , Chaser
Aang, la Leggenda
The Crow
Waking Life
The Prestige
Message For You Iniziative & Forum
Ti offenderesti
Se ti chiamassi
Un tentativo?
Bambino con gli occhi d'acqua non voltarti se c'è bassa marea. A questo mondo affogano più pesci che gabbiani.

No one's gonna take me alive,
Time has come to make things right,
You and I must fight for our rights,
You and I must fight to survive
Non permetterò che tu cada in eterno - abbatterò tutte le stelle piuttosto.
Writers' Zone
 

Jericho XVIII
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! शान्ति ॐ

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I n f o

What's her name?
Mi chiamano in tanti modi, ma molto spesso non rispondo. Ho quattordici anni e ne dimostro di più e di meno a singhiozzi. Mi piacciono tante cose, o almeno tento di farmele piacere se non le conosco ancora; ne odio poche. Mi diverto come mi pare, e fondamentalmente mi piace fare quello che mi passa per la testa, per principio.
Inguaribile errante di mondi invisibili, occhio d'ambra e cuore di cristallo. Zanne di pece e artigli d'avorio; ostentare indifferenza è il mio difetto, di pregi ho solo una pelliccia a righe nere.

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  1. 29/12 23:44 ~Blasto: Bazzicavo negli archivi del fu PMD e ho ritrovato il tuo profilo :D Quanto tempo è passato...
  2. 11/12 16:58 Jericho XVIII: 23, 2018. Altrove. Qui.
  3. 11/3 21:44 Jericho XVIII: 2017
  4. 1/5 17:04 Jericho XVIII: Chiaro, no?
  5. 9/10 20:13 Jericho XVIII: 20.
  6. 26/8 2:39 Jericho XVIII: Of course.
  7. 25/3 14:36 Jericho XVIII: Again.
  8. 28/2 0:20 Jericho XVIII: Tanti
  9. 13/12 15:10 Jericho XVIII: Aggiornamenti.
  10. 13/3 23:02 Jericho XVIII: Passano anni. L'età è rimasta a quattordici, quindici. Dentro: uguale. Fuori: diciotto. Quasi
  11. 6/2 16:30 ~Blastø: *appare dal nulla* yay! *scompare nel nulla*
  12. 6/9 23:32 Joy XXXVII: Joy, and eternal happiness~
  13. 14/8 23:53 ~Blastø: *sbuca dagli abissi più profondi sprigionando un'enorme quantità di follia che si diffonde per tutto il blog* °°
  14. 30/10 3:02 «Joshua»: NOUUU ZZEKU NUU
  15. 10/10 19:56 Jericho XVIII: Mangia Zeku :asd:
  16. 8/10 18:07 Ænema: Ho fame.
  17. 3/9 12:27 Jericho XVIII: no time, no space, another race... Tag resettata nuovamente.

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15/5 17:28: Jericho XVIII in Saragat Splendida
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B_NORM    
view post Posted on 24/1/2012, 19:23 by: Jericho XVIIIReply
Solo freddezza. Là dove c'era piacere solo sorda indifferenza.. I guanti di plastica del dovere, dell'inconveniente necessario, del compito da sbrigare, tutto in una patina che offusca e annienta il tentativo gioviale, unilaterale, di stringere il nastro, di continuare a danzare. Ma tanto se il bisogno dista quattro banchi la colpa non è di nessuno, se un contatto sterile rende grigio e inutile anche il più frizzante umore non c'è niente da fare, non ci sono piani B né profili migliori, tutto finisce nascosto sotto i capelli più corti e il divieto di comunicare. Però mi dispiace. Mi dispiace che per il diritto di volare dobbiamo compromettere così tanto le nostre ali e limitarci un cielo a seconda del nostro comfort. Mi dispiace che mi sto perdendo tutto questo e che ero lì mentre potevo essere di là e Mitra solo sa quanto volevo essere di là. O forse è che io vorrei, voglio, volevo, vorrò (credo?) sempre essere di là, perché un di là c'è sempre, e finché devo stare in un dove per stare con qualcuno non potrò mai essere ovunque e da nessuna parte con tutti e con nessuno. Confuso? Sapessi io, signor gufo. Nel mentre il mio posto è nel sedile posteriore, nella sala d'aspetto, nel Limbo, a testa in giù come Lucifero, ma per noia. A guardarvi invecchiare e ringiovanire dietro la cortina di nebbia del reale, oltre il vetro spesso della mia carne, che ridete e crescete e vi scambiate doni, baci, fortuna, sabati sera. Nell'angolo io mi affronto e mi affliggo e mi affanno. Come se non potessi raggiungervi in qualsiasi momento, come se il problema fosse che voi non volete me. O parte di voi, comunque - la maggior parte, la parte minore, che differenza c'è? We are all part of each other – ora me ne rendo conto, e mi viene da ridere se penso che la mia fantasia e la sua obiettività combaciano così bene, una volta messe una di fronte all'altra, o una di schiena all'altra, come hai cantato tu – put your back on me, cause that's not worth to shine alone. O forse ho capito male (di solito le grandi storie nascono così). Comunque mea culpa, credo. Credo... bella parola, credo, rende reali le cose, è per questo che mi fido e basta di te, mi arrangio con l'avatara che tutti i giorni raccolgo dalla tua ombra. Non è un furto, non ti arrabbiare (non più delle ruberie dei corvi-daimon, per lo meno), neppure ti sfioro. È che hai un'ombra così grande. Fa tutto da sé. Mi segue, mi entra in testa, capisci? Che ci posso fare? È come il ritornello di una canzone che non riesci a metabolizzare, e della musica ci si innamora facilmente, lo sai bene... My beloved hush.
Digrigno. E le arance, mio dio, le arance. Spicchi di sole tra i miei denti di cane affamato. Acqua dei poveri per la sete dei ricchi. La Sicilia nei riccioli e nelle buccie sotto il mio banco. E io che penso di essere insens...

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Comments: 0 | Views: 48Last Post by: Jericho XVIII (24/1/2012, 19:23)
 

B_NORM    
view post Posted on 25/11/2011, 21:19 by: Jericho XVIIIReply
Inevitabile, arriverà il momento in cui io dirò “ho letto un libro dove...” e sprezzanti sbotteranno “non ci importa nulla dei libri che hai letto”. Ma io lo so già, piccola mia, anzi – lei lo sa già, piccola mia, lo sa nel momento in cui conta le pagine, in cui si perde nella voluttà di un nuovo modo di pensare, in cui con disgusto lo abbandona e poi lo riprende – perché no? dice, il suo cuore singhiozza, la sua dignità si spezza, e lei ne è felice, perché frammentata ancora un po' sa che si farà meno male. Meno-male. Male minore, ripensando a vecchie lettere che come urli parlavano in codici di miniature e sacralità blasfema, tutto nascosto nei font, intriso nei corsivi, delicatamente e minuziosamente selezionato in vaneggiamenti lessicali accorti e sospirati che solo un paio di persone finora hanno saputo leggere – caro dariodiario, mi interrompo per scriverti ancora, non guardarmi così, sai che lo faccio sempre e mi imbratto le braccia e il respiro di questi appunti di anima vana.
Blastocinesi! Vagheggia tra molecole di ossigeno e il fantasma appiccicoso delle buone opportunità, non crede più in se stessa, crede tantissimo in se stessa (amen! Omen! Amen! Omen!) ma deve pregare prima di guardare di nuovo la fiamma di fronte a lei; incredula davanti ad un fuoco che la soffoca, non credeva che ci fosse tanta aria da consumare a questo mondo e che le gabbie potessero essere fatte anche di piacere.
Perdersi ancora tra quelle righe, tra la meraviglia di quei sogni di inchiostro e fruscii. Ingoiare Zanzotto, masticarlo, digerirlo e risputarlo per poi accorgersi che si è attaccato alla pelle, alla lingua, alla mente, con la tenacia di una vocazione repressa e timida che sbuca soltanto quando, messa alle strette, deve scegliere l'amletica questione dell'effimero o dell'eternità. Se mi rileggo piccola mia trovo solo virgole dimenticate e tanti scarabocchi mentali, come quei pallini che si fanno mentre parli al telefono, ti ricordi?, ne abbiamo parlato. Ogni punto, ogni parola una scintilla da cui è sprizzata o sprizzerà nell'arco di un tempo inesistente un oceano di infinite possibilità dalla vastità terribile e l'allegria spaventosa. E in Battiato e De André ritrovo dio, in quei ritmi anni ottanta e il francese biascicato, come se il mio ruolo in questo mondo, quello eterno, quello di margine, fosse ritrovare la metafora del grande nel piccolo e viceversa, perché non venitemi a dire che non c'è una lezione universale nell'elettromagnatismo o nelle simpatie razziste degli elettroni di valenza, non venitemi a dire che non c'è niente da imparare nel fatto che la massa dei protoni sia quasi pari a quella dei neutroni e che gli ioni nascono solo quando il negativo varia. C'è una Dike dentro tutte le cose che sono (tà ònta, signori miei) che sta all'un...

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Comments: 0 | Views: 42Last Post by: Jericho XVIII (25/11/2011, 21:19)
 

B_NORM    
view post Posted on 13/11/2011, 22:10 by: Jericho XVIIIReply
Ciao inesprimibile, ciao inespresso, ciao eco di un sentimento represso e non reprimibile che mi dà la forza di buttare giù due righe e squadrare un mondo senza spigoli. Ciao abbozzo di tigre che mi ascolti vaneggiare e ciao montagna figlia della tua terra senza genitori immaginari che mi correggi senza mai aver paura di me. Ciao figlio che devi ancora nascere, penso sempre a te, preparo il tuo mondo con fiocchi di riso che non piangeranno mai; osservo il tuo nido, lo accarezzo, lo lustro, lo coccolo e lo respiro, ti immagino bruco e ti vedo farfalla accanto a me in un futuro troppo vicino in cui le mie ali non faranno più ombre. A chi mi rivolgo? Reduce dalla frammentazione di un filo di cristallo, ammesso che le amicizie siano legami, mi trascino, mi sdoppio, mi riunisco, ho mezzo pezzi di anima e di umori in un catino nella vasca da bagno e aspetto maionese e filmati porno per affogare là dentro senza rimorso alcuno – le piastrelle, Ledù, non piangono per nessuno...
Non si tratta di confusione, non si tratta di Caos né di αρχή, che c'è da aggiungere?, queste cose le abbiamo tutte dentro in gestazione prima di partorire con le nostre menti-vergini-di-ferro astri e mostri figli di rabbia e orgoglio. Ma la famiglia cos'è la famiglia cos'è. Mi discosto, vostro onore, mi dissocio e protesto, mi alzo in rima e cerco il sincrono in un tocco che sto perdendo perché la realtà brucia i polpastrelli e, anima mia, non siamo niente più che bordelli di carne e mitocondri senza le impronte digitali (cromosomi? Per l'amor del Caelum, signor Huxley, di cosa va blaterando?). No, vi prego di non giudicarmi perché pongo domande senza voler veramente che mi sia risposto, lo faccio solo per iscritto, a voce non mi permetto mai. Come se questa voce codarda, questo virtuosismo di cacofonia potesse essere degno di parole d'altri (le domande sono sempre parole d'altri, mi permetto di precisare). Non desidero altro té, grazie lo stesso. Sì, non è la prima volta che visito la Buca, ma perché me lo chiedete? Non è forse desiderio di ogni buona fanciulla andare a visitare sua madre nei recessi del suolo fertile? Cuore del mondo, cuore che lamenti, lasciati cantare la curiosità di Marco, che oggi nel negozio di scarpe mi ha indicato ciò che sarebbe successo nelle prossime quarantotto ore – bambino, piccolo miracolo, giglio in fiore e seme di orgoglio, capelli ricci e lingua d'avorio, quanto bene mi hai fatto, quanto bene ti farai... Ma suvvia!, dolce cuore lamentoso, reggi questi attacchi, non prenderla sul personale, nell'intimità dei tuoi bulbosi e scoppiettanti tumulti venosi non ti capiterà mai di giocare a rimpiattino con la testardaggine umana e con la creta del suo carattere vetusto. Consacra il conciliabolo della mia pace, rendilo tua parte, spezzalo e ricomponilo con le ...

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Comments: 0 | Views: 31Last Post by: Jericho XVIII (13/11/2011, 22:10)
 

B_NORM    
view post Posted on 23/8/2011, 13:19 by: Jericho XVIIIReply
Vorrei un insetto che nasce con le ruote per fuggire via almeno un po'. Qualcuno ha sputato sulla padella e la frittella mi mostra il suo lato B così velocemente che non ho tempo di fare l'indignada. Santi o genitori, è solo questione di accento. Che mi prende? Niente, Joy. Sono chiusa in una stanza piena di interlocutori che si chinano su di me ed ai quali posso rispondere soltanto affilando il tapas, sempre che me ne sia rimasto dopo gli ultimi tre giorni sulle rive d'asfalto della mia progenie. Per salvarla. Per starle accanto. Quanta tristezza c'è in una torta cotta male, quante lacrime facciamo lievitare nel cibo insieme alla pasta. Che tra l'altro non lievita mai.
Nel frattempo faccio un conto alla rovescia e mi sembra che qualcun altro, chissà chi, chissà dove, lo stia facendo anche per me, e ne ho paura; a volte credi di essere l'unico con un orologio al collo e poi ti accorgi che la catena non strozza soltanto te... È così corta questa morte virtuale.
E tu che mi dici? Rincorri ancora le parole sui tuoi riccioli di sole? Ora che la fine è più facile dell'inizio, ora che provi a iniziare dal punto e poi aggrapparti alle piccolezze fino a trovare la maiuscola, sei ancora sicura di essere te stessa? E se lo sei, quale? È un dedalo senza ali che si rincorre dentro questo piccolo corpo stanco e reattivo, dolce ma acerbo, che si scatena su un pedale e qualche piatto di rame dalle tre alle cinque in via Paolo Fabbri 42. Non il posto, l'album. L'albume. Quello che circonda mio fratello, un piccolo pollo che veleggia verso questo triste porto con trentamila euro di debito sul cordone della sua cittadinanza ipotetica. Ciao piccolo pollo.
Berta fila, Nina vola e io sogno in silenzio. Non mi dispiacerebbe stare zitta per un po' e guardarli crescere, coi loro capelli corti e i loro sguardi che cercano di capire, coi loro movimenti che cercano il ritmo e si lasciano vedere, con le loro parole a metà che fanno addormentare, perché prima di donne e uomini siamo bambini che si rincorrono in un prato di disillusione. Ci penso spesso, sai? Che non faccio parte della giostra, che ci sono solo salita sopra, ma il dubbio è una freccia che cerca quattro zampe ed un cuore, e io mi chiedo se sono l'ingranaggio o il meccanismo, la plastica o la batteria, o addirittura solo un passante col biglietto pagato dal mio fabbro fragile che continua a cantare.
E nel frattempo mangiare Vāc a pezzetti, scoprirla dietro errori di battiture e ghirigori pindarici. Le idee nuove e quelle antiche in un patrimonio genetico che scorre nelle vene artistiche dei fiori del male. E quant'è bello vivere se sai che quelle pagine non finiranno mai. Ciao, anime furibonde. Vi cullo sulle labbra quando vi leggo ad alta voce, e dolcemente - ed è una dolcezza amara, quella consapevole ...

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Comments: 0 | Views: 49Last Post by: Jericho XVIII (23/8/2011, 13:19)
 

B_NORM    
view post Posted on 18/6/2011, 21:51 by: Jericho XVIIIReply
Ma voleva sua la canzoncina. Brilla, splendi. Con occhi di tempesta e sorrisi gentili alla Alain Delon. Ha un tratto breve, la zanna bianca, ma il suo vomito è stilisticamente spesso, glielo contestano in redazione. Thrudvangar. Escrezioni lunari, ogni (af)fare è un'elucubrazione fragile come un condizionale composto. In disuso. Mi ero scritta: non è quello che dovrei fare, nascondere il rammarico in una copertina azzurra, scavare dentro brahmina di qualche trinità sulle carte da gioco. Sentire il ritmo, mi dicono, è tutta una questione di tempi, di Tempi che non si misurano in ore ma in battiti; l'uomo è un orologio, le canzoni su Youtube i quarti d'ora, una strofa mancata, l'acidità di un sax. Ho visto cose: la delicatezza di due dita su una barba in ruvida ricrescita, quella di una voce morta che si stampa sui sampietrini davanti al teatro, lo sguardo del sipario chiuso sull'euforia delle mascherine, poi noi, meno di quattrocento anni più uno, più di quattrocento denti scoperti a ridere di gioia in tutto. Ma mi si abbassa lo sguardo. E sei poco scorrevole, una porta che si apre con la maniglia del van - io ti ricordo e non finisco la frase, inizio ed esco, hai un calore sulle guance che brucia come il tuono, in questo cielo strappato e rigonfio che ora ci piange addosso tutta la sua incontinenza. Bla bla, ma quanto parli, ma cosa ti serve, non mi serve nulla ma ho bisogno di tutto. Cioè mancare. Di recente sto rivalutando ciò che è dovuto. Onere, volere, diritto, dovere, fanno rima ma sono meno parole di quello che sembrano, ci si gioca poco quando inizia a lasciarci la pelle qualcuno. Sono tornata incapace di fare le combo. I turni extra me li dà solo la tecnica, ormai. Ce l'ho e mi manca - manca - l'estro. Ma quello si recupera. Non siamo schizzati informi in quel caos tridimensionale del 2011 per niente. Fanculo agli anni zero, ora posso bere alcolici, e il mio alcolico sei tu.
Riunioni di rane in tazze di té - non lo bevo più con superficialità da quando ho scoperto che fa male se non lo fai con stile - si sciolgono come miele sui denti, come Miele due metri sotto terra, come Mì e Lè dopo la terza media - cazzo, Demetrio Stratos improvvisamente ha un senso. È per questo che dico di essermi liquefatta. Diluita. Slacciata. O, più Monnalisamente, sfaldata. Vado alla deriva su un materasso di ricezione. E il naufragar m'è... eh? No, signor Laurana, io la mia indigena la chiamo Mercoledì. Sic gorgemus. Era un po' che non mi parlavo così, e se penso che c'è Cervantes a marcire là in cartella quasi mi viene da piangere. Ma ci sono motivi migliori per farlo, e i miei trenta lettori ne scorgeranno un accenno in tre righe su due d'ora in poi. Fanculo anche all'impaginazione, c'è una ragazza oltre il confine che pensa dentro la mia testa.
Questa necessità d...

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Comments: 0 | Views: 77Last Post by: Jericho XVIII (18/6/2011, 21:51)
 

B_NORM    
view post Posted on 23/4/2011, 09:40 by: Jericho XVIIIReply
Suoni di flauti. Ciglia abbassate. Guardarsi negli occhi con le palpebre chiuse. Fingersi piccoli per fare il mondo più grande. E stringersi. Col cuore contro la pelle, la gabbia delle costole, i veli della carne, pelo e unghie come trame di una maschera di pigmenti e melanina, siamo la razza degli attori, delle attrici, delle canzoni tristi che esplodono alla fine. Falsa prolissità, falso il tuo interesse, reale un singulto quando volti le spalle a ciò che desideri, autentiche le righe di trionfo sulle liste che fai tutti i giorni. Il re dei topi, il principe dei gatti, l'Ero, tutto è uno, uno è tutto, un muro che non si chiude su di sé. E la passione è un virgulto. E l'amore un vagito. E ogni resto un'assonanza in rima abbracciata. Concatenatemi.
Erbaccia colta, come se tutto fosse stato mischiato nel colore, la Pangea dei sensi, i limiti del dolore, questo vedo: in bilico su un battito, il mignolo che sfiora l'acqua gelida del Gange; una Cassandra su un letto d'ospedale senza più viso, senza più braccia, senza più gambe, e un infermiere le scrive sul petto con le dita, lei agita la testa, si scuote, ma nessuno oggi sa leggere il morse... e vedo l'Apollo di sangue consumarsi, nudo nella sua eco di allarmismo e terrore, in quella parodia epilettica. La verità è che se il mondo fosse capace di andare a letto quando è ora l'elettricità neppure servirebbe, e il fuoco arderebbe solo nelle vene degli amanti. Gesù era un falegname, dio una convenzione, e noi siamo i drogati, i figli di un linguaggio che mi fa tremare, che mi rende ragazza, mi rende donna, mi rende figlia, giglio, errore; basta ruotare la croce per moltiplicare i briganti, elevarli alla seconda, farli sempre positivi. Rifugiamoci. Esuli. Esiliati. Fuggiamo. Da chi? Scappiamo. Da dove? Nell'orecchio sinistro una scala destra per il paradiso, si sale solo a saltelli, se hai più piercings rischi di dover tornare giù. Leggo negli intervalli delle vostre accuse la distopia di tutte le cose. L'antimateria nel tè. Una parete di pietra per sentire la terra, un pugno di amici per ascoltare il cuore. Quello volubile di Romeo, quello ballerino dei pesci e dei cantori, anche se persino la pialla ed il martello sono portati dal vento. Scaverei in un albero per giorni. Perderei il senso. Perderei me. Vinceresti. Diventerei il tuo mondo capovolto. Con le teste di bambola come una metafora distorta della personalità infantile che si contano sulle dita, e se le sbatti per terra senti solo la plastica grattare contro i polpastrelli, perché dentro non c'è niente, senza la tua voce possono solo rimbalzare. Sai cosa fa male? Non ricordare. Sai perché ti parlo? Perché non ci sei. C'è quella ragazza. Seduta sul primo gradino. Mi guarda. Ha il solito vestito bianco. I soliti capelli scuri. Se chiudo gli occhi scompare, se mi t...

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Comments: 0 | Views: 49Last Post by: Jericho XVIII (23/4/2011, 09:40)
 

B_NORM    
view post Posted on 16/1/2011, 22:31 by: Jericho XVIIIReply
Penso all'emozione che avrei provato all'uscire di un nuovo album del mio cantante preferito. Penso che sono l'esagerazione, molto spesso, sono il limite degli altri, l'allontanarsi, il raggiungere; che non sono un'anafora, che tutte queste lacrime che mancano sono la congiuntivite degli anni zero. Crediamoci unici, lo siamo; crediamoci soli, e ci illudiamo. È così facile parlare, semplice tremare, guardarsi non riuscir più a star in piedi sulle gambe memori di un antico sentimento. Qualcosa che passa e non si fermerà, una canzone idiota che si perde nel ticchettare stanco di unghie sul ferro. Non sono un tentativo. Non sono un errore. Non sono figlia di un fiore, né dello stile, né di qualche pagina di poesia strappata da un libro in prestito. Vivo di carta? Sì, adesso sì, ed è una vita amara d'inchiostro e dolce di dediche. Lasciatemi schiudere come un'orchidea di marzapane sulla vetrina di una macelleria. Cercare di capire non ha mai fatto male a nessuno; o meglio, se questo fosse vero, il dolore sarebbero solo ginocchia sbucciate e tumori al fegato di un cane. Sono dura? Solo se fingo di parlare di me, soprattutto se lo faccio davvero. Vomito fili d'argento dalle tempie, li nascondo in bocce di vetro piene di un'acqua opaca, affogandoli tra pesci invisibili. Danzo tra un tempo e tra un modo con la delicatezza che fa magici i contorni dei film in bianco e nero, coi vestiti dei loro attori, con le sviste dell'arte che trangugiavano negli intervalli. La pasta e poi smetterla, le poesie di Mussolini, i quadri di Hitler, i pirati nel disegno del mio piccolo cugino: tutto si mischia e si fa macchie sul tappeto dell'esistenza. Tutto cade accanto ai gatti e al burro, siamo vivi, siamo morti, che differenza fa? Sono sprazzi che s'innalzano e cadono, inutili, come spuma di insistenza sull'espressione. Tu capisci. Puoi fare finta, e io ti dico: è così che si inizia davvero a comprendere, ad andare oltre il “come va”. Vorrei essere utile, non indispensabile; nuda, non coperta dagli stessi costumi che nascondono le vergogne della società. È questo il vero significato della parola: un sistema che rifugge la sua immagine allo specchio, una donna che fugge dal suo corpo perché il suo sguardo è antico ed il suo seno nuovo. Ci penso e mi aggrappo alla stanchezza di un vecchio sussurro, “contrapponiamoci”. Mi stupisce che sia corretto; grammaticalmente, sulla morale non ho dubbio, verificare è potenziare, scegliere è escludere, ed è così da quando dio - la minuscola è per farti decidere quale - ha cliccato play prima di fare il solletico ai dadi.
Da bambina sono cresciuta sotto il sole, senza riuscire a staccare il viso dai suoi raggi, scavandomi alle spalle un'ombra più grande. La riempivo poco a poco, senza mai smettere, fingendo, o magari era sognare; conoscevo i ...

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Comments: 0 | Views: 37Last Post by: Jericho XVIII (16/1/2011, 22:31)
 

B_NORM    
view post Posted on 4/1/2011, 13:44 by: Jericho XVIIIReply
Vederli così, sdraiati sul pavimento di pietra, con gli occhi chiusi e i capelli lunghi sparsi sul pavimento, in totale contemplazione, in totale abbandono, con l'aria sospesa tra i loro respiri e la nota successiva, mi riempì di un'euforia lontana da quel momento, come se fossi lo spettatore casuale di un istante perfetto ed eterno, semplicemente lo strumento perché un ricordo non morisse mentre nasceva.
Di questi tempi diremo che volavamo tra zeugma involontari, strafalcioni etici e strisce comiche che fanno ridere solo noi; dell'onnipotenza di avere quella canzone nel pc, quella idea in cuore, quel tradimento in mente. Collezionisti. Di cosa? Non importa cosa. Come un frammento di vetro che raccogli in faccia al mare, come una foglia che ti si impiglia nella giacca quando vai a morire. Il fiocco di un regalo mai aperto, l'odore di un sorriso mai accettato. Ci buttano qua in mezzo dicendo “sopravvivete” in un genovese pessimo, e sembra quando ti mettono davanti al fotografo e ti ordinano di mostrare i denti. Che abbiamo? Un tempo che ci sfida, il nostro che finisce, noi che dobbiamo farlo iniziare. Qualche giochetto di parole e verbi sulla punta della biro, un canto incastrato tra gli incisivi come il pezzo di un'insalata insipida. Sappiamo leggerci, ma non vogliamo scriverci. La nostra vita è una continua apposizione tra passato e futuro. Prima di capire che per crescere bisogna rimuovere l'ultimo strato e perfezionare il primo ne passeranno di nuvole informi sulle nostre righe storte. Siamo la simmetria. Siamo l'ordine quando inspiriamo, il caos quando espiriamo. E poi viceversa. Così. Per sempre. Mai. Per sempre. Mai. L'equilibrio è il cambiamento perpetuo. Dove l'unica cosa stabile è lo stesso continuo mutare. E forse non si dovrebbe dire. Dalla regia, intendo, mi dicono che non si fa. Ribatto io: non sono forse diversi i tempi? Rispondono loro: non siete forse diversi anche voi? Ma ormai è fatta. Mi prendo gioco degli dèi con la parodia di un'arte retorica che nessuno merita di usare (a parte pochi, Fabrizio - sì, quel Fabrizio!) senza avere sulle guance un pianto secco che nessuno è mai riuscito ad asciugare.
Non ascoltatemi, ascoltatemi, niente ha motivo, tutto ha senso, non è vaneggiare, è l'imperfezione di un linguaggio perfetto che si deve limitare per essere capito. Per tendersi, per lanciare una fune di significato che possa portar su. Questo esplicarsi di concetti è così forzato, è uno stupro, un'umiliazione neanche troppo platonica questo spingere fuori dalle righe ciò che è tra le righe, questo denudar forzato dei significati, questo spogliarli impudicamente dei loro santi eufemismi, non importa quanto siate lontani, la mèta non si tende mai per raggiungere chi la cerca... a meno che non abbia bisogno di essere trovata. E mi fa male. Ch...

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B_NORM    
view post Posted on 19/10/2010, 20:19 by: Jericho XVIIIReply
Ho bisogno di parlare. Dèmoni fusi in smoking e note di pianoforte. Piego mutande quantiche e il mio stomaco sembra un film di Kubrik. Indosso maschere che mutilano la subcreazione. Fabrizio canta ancora e io mi lascio cullare. Ho l'udito colonizzato dalle Fiandre. Lui tutela i miei sensi di colpa. Io stringo la mira, metto a fuoco, infine brucio. Devo aspettare che finisca tutto. Invece di mettere vicini numeri qualunque dovremmo imparare a scegliere i primi. Ora pensate a me sola nell'oscurità più densa degli ultimi quattro mesi, con un cuscino stretto al grembo, gli occhi colpevoli rivolti ai peluches. A chiedermi se con le lacrime si scolpisce qualcosa. Io e la mia mente giochiamo a nascondino dentro di me. E dopo quindici anni mi viene in mente che magari non si fa così. Ho sbagliato e ora scavo col cucchiaio. Ditemi che un'amicizia non può essere biodegradabile. Ricordatemi che il tempo non esiste. Che Marta non sa parlare. La mia vita ha buchi di trama. Buchi di memoria non c'è tempo per... no, cazzo. Il finto caldo della stoffa. La golosità di un dio rinnegato. Il nostro parlare di futilità quando la rosa si secca piano nell'orgoglio di entrambi. Ho tre “tu”. Ho due “me”. Non stiamo giocando a Scarabeo. Non stiamo giocando proprio. Non giocheremo più.
E poi ci sono giorni in cui respirare è l'unica cosa che vuoi fare.
La sensualità di una donna che si rifugia in te.
Is There Anybody Out There?
Non lo so, signore, ma in fondo noi siamo come dèi: se non ci fossimo ci inventerebbero, e chissà che non l'abbiano già fatto.
L'italico latrare di un Vasco che più che Rosso è Brondo squarcia l'indifferenza forzata alla malinconia della mia razza. Non c'è nulla da fare, ho i riccioli troppo chiari per abitare a Milano, sono Frida: ma, piccolo Charlie Brown, di vantaggi non me ne hai mai dati, perché non hai mai fatto finta, neanche da lontano (lontano come sei...) di considerarmi un difetto. Un difetto di cosa, poi. Destino? Fato? Zeus? La peperonata di cozze? Nossignori, patella sum. E intanto domani non manderò la mia mente in palestra, a forza di raccattar pezzi posso giustificarmi dicendo che quel regista è tornato a tessere le mie budella come trame di un canto. Ok, questa era crudele.
Mi chiedo se un domani, se domani, se tra un po', insomma, ci sarà tempo per scrivere. Se ci sarà ancora il coraggio di esprimere un desiderio guardando una stella implodere, anche se finisco sempre per chiedere che tu stia meglio quando ti arrabbi, non voglio altro. Si vive in funzione? No, non siamo logica. Siamo estetica anestetica. Nossignori, nossignori. La portinaia dice sì. Qua si lacrima e basta, oltre a qualche arteria spugnosa che qua e là si attacca umida alla linfa della conoscenza e fa battere i nostri cuori sapone, cuori di liposuzione. Prima o poi og...

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Comments: 0 | Views: 1,953Last Post by: Jericho XVIII (19/10/2010, 20:19)
 

B_NORM    
view post Posted on 3/9/2010, 11:37 by: Jericho XVIIIReply
Caro amico ti scrivo.
C'era una volta una ragazza che digitò queste parole e poi le nascose. Nella pioggia più acuta respirò quel sorriso che non ti ha mai visto fare, e che mai ti vedrà mostrare, se riesce a restare umana quanto basta a non far avverare la sua profezia. La ragazza ora capisce bene perché deve uccidere i Corvi. I suoi non si trastullano in riva al mare, la feriscono al costato sì durante la notte, ma apertamente violenti.
La ragazza sa che questo deve essere un segreto. Sa che non deve scusare se stessa o giustificarsi per quanto fatto finora. Capisce perché le è stato mostrato solo un lato del menhir e ringrazia: non sarebbe arrivata qui, altrimenti. Ma ora si ritrova a lottare contro tutto ciò che l'ha fatta vincere, e perché? Perché non vuole credere che sia veramente come è stato scritto.
Non è debolezza, scegliere di perdere per ottenere una vittoria più grande. È sacrificio, è costanza, è rassegnazione. Tutte cose che, come tu sai, lei non ha. Lo sapevano, quanto fosse inevitabile che diventasse così, ma questa è solo una conseguenza delle condizioni necessarie al risultato finale. Quello che non vuole ammettere è che lotterà a questo bivio per andare dove non deve andare, perché è così che le è stato insegnato. Coerenza. Fedeltà. Rispetto. Si chiama fanatismo in connotazione negativa, vera creatività in quella positiva. Ma nell'universo della creatività non c'è il bene e non c'è il male. Esiste solo l'Arte. Il resto non è.
Tutto era stato fatto sicché si arrivasse a questo risvolto, il nodo della luce che offusca ciò che verrà. Non lasciarti ingannare da lei: è questa la sua sincerità, poter mostrare tutto ciò che occulta di solito. Capiscila. Noi mentiamo per dire la verità, loro per arricchire le bugie. Tu hai già scelto, senza che le guide dovessero venire a cercarti. Non sei, come noi, stato fatto cadere migliaia e migliaia di volte fino a precipitare all'inizio della via, nell'unico punto in cui noi possiamo cominciare per imparare a risorgere dalle polveri: ti sei incanalato come pochi lungo la direzione giusta, con l'orientamento della razionalità che - puntandoti gli occhi all'orizzonte - come certamente non può farti sbagliare allo stesso modo ti impedisce di guardare attorno. Così tu sei, ma non è di te che si parla.
Ricordo la volta che accogliemmo il lupo, e che gli chiedemmo di scegliere. Non era ancora un fuggiasco, ma di certo la malandata copia di una belva costretta ad un cane; non prese la sua decisione per disperazione o ricatto, ma perché ricordava gli anni del branco, ricordava le cacce al bufalo e al cinghiale della neve, e non si è mai pentito di ciò che ha fatto.
Quella volta capii che c'era speranza. Che gli altri tutti avrebbero avuto tempo. Compresi che gli errori sono inevitabili perché ci r...

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Comments: 0 | Views: 48Last Post by: Jericho XVIII (3/9/2010, 11:37)
 

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