Jericho XVIII
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! शान्ति ॐ

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I n f o

What's her name?
Mi chiamano in tanti modi, ma molto spesso non rispondo. Ho quattordici anni e ne dimostro di più e di meno a singhiozzi. Mi piacciono tante cose, o almeno tento di farmele piacere se non le conosco ancora; ne odio poche. Mi diverto come mi pare, e fondamentalmente mi piace fare quello che mi passa per la testa, per principio.
Inguaribile errante di mondi invisibili, occhio d'ambra e cuore di cristallo. Zanne di pece e artigli d'avorio; ostentare indifferenza è il mio difetto, di pregi ho solo una pelliccia a righe nere.

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  1. 29/12 23:44 ~Blasto: Bazzicavo negli archivi del fu PMD e ho ritrovato il tuo profilo :D Quanto tempo è passato...
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  3. 11/3 21:44 Jericho XVIII: 2017
  4. 1/5 17:04 Jericho XVIII: Chiaro, no?
  5. 9/10 20:13 Jericho XVIII: 20.
  6. 26/8 2:39 Jericho XVIII: Of course.
  7. 25/3 14:36 Jericho XVIII: Again.
  8. 28/2 0:20 Jericho XVIII: Tanti
  9. 13/12 15:10 Jericho XVIII: Aggiornamenti.
  10. 13/3 23:02 Jericho XVIII: Passano anni. L'età è rimasta a quattordici, quindici. Dentro: uguale. Fuori: diciotto. Quasi
  11. 6/2 16:30 ~Blastø: *appare dal nulla* yay! *scompare nel nulla*
  12. 6/9 23:32 Joy XXXVII: Joy, and eternal happiness~
  13. 14/8 23:53 ~Blastø: *sbuca dagli abissi più profondi sprigionando un'enorme quantità di follia che si diffonde per tutto il blog* °°
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  15. 10/10 19:56 Jericho XVIII: Mangia Zeku :asd:
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view post Posted on 17/9/2013, 01:10
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! शान्ति ॐ

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Dling, dlong, dling, dlong, se questi giorni fossero pioggia cadrebbero ordinatamente sul davanzale della mia vita, una fila indiana di momenti e sapori, il dolceamaro insieme al colorato, il grigionero con il gusto aspro della scuola che si riapre, bentornati a casa, giovani cervelli, scaldate legno vecchio, addormentatevi di nuovo. La campanella suona gli intervalli del mio impegno, il tempo di un sospiro, uno sguardo a destra e mi torni in mente tu, lontano, un'eco oltre la valle, quel tipo di voce che non sai mai se ti fa il verso o la stai imitando tu. Cos'è originale? Questa incomunicabilità che ci eravamo promessi di non invitare mai nella nostra bocca o la parete graffiata del tuo silenzio che sto cercando di scalfire? Niente, niente, tutto si ripete, un pigiama dello stesso colore, un settembre che si spegne ogni mattina, svegliatemi quando finisce, fatemi alzare se inizia davvero. Vorrei la neve, e la febbre-febbraio, diciannove anni del piccolo lupo, Natale già dietro, anniversari più vicini, meno passi da azzardare sul filo spinato in equilibrio sull'abisso. Ogni volta che schiudo le labbra ci sono frotte di parole che si addensano ad un millimetro dal confine tra l'errore e l'inevitabile. Ma cosa possiamo farci? Abbiamo caricato la molla, e impazziti corriamo in avanti. Figure di bambini, giocattoli sull'orlo di un alto comodino, curiosi di sapere che razza di scheletro c'è nell'armadio di Dio. Eppure ci stiamo perdendo, non credi? Lupo, non so neanche più chi sei, mi dicono che Bacco ti stana, che l'amore ti abbraccia, che sei la perla più brillante di una lunga collana, ma da me che sono ostrica ti dimentichi troppo spesso di tornare. E non so, non so se abbandonare questo vecchio bello scoglio che è la mia casa di sempre o chiamare te come una sirena, ricordarti che si brilla anche sotto il mare, che non c'è bisogno di un riflettore per essere belli, che il flash di una macchina fotografica ti ruba l'anima se non stai attento. Tu che nelle foto non sorridi mai, come pensi di apparire agli occhi degli altri? Ma sono lumaca e lumaca farò. Per te lentamente mi caricherò questa casetta sulle spalle e cavalcherò le onde per raggiungere il tuo villaggio sulla spiaggia. Quando il fuoco si alzerà e i canti faranno fremere la sabbia, mi avvicinerò a te e ti guarderò danzare per capire qual è la tua vera terra e se sarà quella, se sarà quella, fratello lupo, ti lascerò là con un sorriso. Ad Edimburgo ci andremo un'altra volta, la vita è lunga, il canto di un'armonica ancora di più.
Lirica licantropa, giochi di parole, parole in gioco, chi vince, chi perde, mi ripeto?, mi ricordo, lacrime di pennarello mi dicono ogni sera che c'è un ordine da seguire, nella mente la voce di un'altra generazione che mi intima di risolvere problemi non miei, non so dove guardare, vorrei solo chiudere gli occhi e
ascoltare
e domandare di nuovo: hellò? Chiamarli così, aspettare che arrivino. Ed un paio già si sono avvicinati, occhi senza ombra, occhi con l'ombra dentro, sono così belle viste da lontano, così interessanti strette da vicino, e vi vorrei ringraziare, dirvi che razza di muscolo mollusco sono, o che siamo – noi uomini che sappiamo mangiare solo novità ché altrimenti il mondo si fa videocassetta, una storia sempre uguale – e vi mangio pezzetto per pezzetto, pregio per difetto, che meraviglia, che meraviglia siete mentre vivete, che delicatezza e che poesia avete dentro e neanche ve ne rendete conto. Se ci fosse un buon Dio a cui potessi ringraziare gli direi: questa me l'hai fatta proprio bene, invece di mandarmi sogni che sono storie stavolta mi hai suggerito piani per un'altra me. Molla il joystick, vecchiaccio, domani esce GTA, hai del lavoro da fare, personaggi da resuscitare, occupati almeno di quelli inventati se con le persone vere non ce la fai. A parlare di nuvole e ninfe oggi dietro le spalle di Raffaello ho fatto qualche risata sincera e forse mi sono innamorata un poco di un pugno di sassi e di storie che ho già scritto. Anime inventate che bucano la carta e lo schermo e mi stringono la mano. Che dire? Grazie. Avrei bisogno di musica ma la sento già. I vostri passi sui corridoi, vagoni sulle rotaie del destino, stridono e si ribellano ma fanno il suono più bello del mondo. Ti senti mai come se fossi esattamente dove dovessi essere? Ci pensi ogni tanto alle rane?
E poi ci sei tu, sempiterno e triste, calmo e caldo, la bellezza del cigno, l'eleganza che fende l'acqua, melodie delicate di piano mentre parli, il frastuono dei vulcani nella fermezza della tua voce. Perché, perché così tanto? Perché soltanto adesso? Combattuta tra una riconoscenza profonda e l'incredulità mi aggiro attorno alle tue meraviglie, scopro le tue risorse, immagino noi di nuovo all'asciutto sotto le stelle, come per sempre vicini, come per sempre uno. E mi dico quanto ancora c'è davanti e mi chiedo come faccio a stare male con questa certezza di non essere sola mai. A volte non so come dirtelo, mi lascio fluire, aspetto che tu raccolga, ma tu non sei la terra e io non sono semi, ci vogliono le stagioni, ci vuole il tempo giusto, ci vuole ritmo, ci vuole il resto del mondo, insomma, a farci da coro in questo doppio assolo che suoniamo ormai da un bel po'. Fattelo dire, se un circo ti assumesse potresti fare il tuo numero in perfetto silenzio, restando sulla scena a fissare il pubblico. Anche ad occhi chiusi. Lascia soltanto che sia io a raccontarti lì davanti, parole chete, parole sincere, e potrai sentire gli applausi. E tutti ti guarderanno per come sei, com'è possibile che non si veda? Fuoco. Sento le dita bruciate, cera sulle palpebre, non so dove sono, non so dove vado o forse sì, ma non ho il coraggio di ammetterlo. Stammi dietro o stammi accanto, cancella la mia scia. Non voglio nessuno che mi segua, già lo sogno troppo. Solo, vorrei avere davanti
in un ordinato disordine
tutti gli errori dei nostri domani. E ti racconterò un'altra estate appena sarà il tempo, ora ascolta l'autunno che ci avvolge, gli alberi del nostro colore, il raggrinzirsi delle foglie a terra mentre dormi – all'ora in cui caccia la civetta già le nostre spalle sono ali, ma siamo insieme davvero là dove possiamo avere tutto? Sogni davvero me? Cresce e sale, potrei non finire mai, non c'è bisogno di tempo, di ore, di sonno, che importa, tutto è un giorno, tutto è uno, la gran ruota di sale che dall'oceano mare torna alla terra e dalla terra fa noi. Ti senti mai schiacciato tra questo suolo e l'ombra delle nuvole. Ti senti mai perduto se si parla di universo. E fatto di polveri se si parla di atomi. Sì? Allora sei vivo. Credici. Cretino. Io vi amo tutti.
[Ma vi odio però]
 
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