Jericho XVIII
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! शान्ति ॐ

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I n f o

What's her name?
Mi chiamano in tanti modi, ma molto spesso non rispondo. Ho quattordici anni e ne dimostro di più e di meno a singhiozzi. Mi piacciono tante cose, o almeno tento di farmele piacere se non le conosco ancora; ne odio poche. Mi diverto come mi pare, e fondamentalmente mi piace fare quello che mi passa per la testa, per principio.
Inguaribile errante di mondi invisibili, occhio d'ambra e cuore di cristallo. Zanne di pece e artigli d'avorio; ostentare indifferenza è il mio difetto, di pregi ho solo una pelliccia a righe nere.

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  1. 29/12 23:44 ~Blasto: Bazzicavo negli archivi del fu PMD e ho ritrovato il tuo profilo :D Quanto tempo è passato...
  2. 11/12 16:58 Jericho XVIII: 23, 2018. Altrove. Qui.
  3. 11/3 21:44 Jericho XVIII: 2017
  4. 1/5 17:04 Jericho XVIII: Chiaro, no?
  5. 9/10 20:13 Jericho XVIII: 20.
  6. 26/8 2:39 Jericho XVIII: Of course.
  7. 25/3 14:36 Jericho XVIII: Again.
  8. 28/2 0:20 Jericho XVIII: Tanti
  9. 13/12 15:10 Jericho XVIII: Aggiornamenti.
  10. 13/3 23:02 Jericho XVIII: Passano anni. L'età è rimasta a quattordici, quindici. Dentro: uguale. Fuori: diciotto. Quasi
  11. 6/2 16:30 ~Blastø: *appare dal nulla* yay! *scompare nel nulla*
  12. 6/9 23:32 Joy XXXVII: Joy, and eternal happiness~
  13. 14/8 23:53 ~Blastø: *sbuca dagli abissi più profondi sprigionando un'enorme quantità di follia che si diffonde per tutto il blog* °°
  14. 30/10 3:02 «Joshua»: NOUUU ZZEKU NUU
  15. 10/10 19:56 Jericho XVIII: Mangia Zeku :asd:
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  17. 3/9 12:27 Jericho XVIII: no time, no space, another race... Tag resettata nuovamente.

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Saurabh Sin[g]

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view post Posted on 3/6/2012, 23:55
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Beat, beat, beat down. Sotto il ponte, a dodici metri da terra, occhi impastati, gole elettroniche, passi leggeri, ticchettio di pioggie, e in un istante con un battito di ciglia tutto il mondo cambia, il tordo torvo spicca il volo, il corvo nervino gracida ed è rana, tutto si cheta, in ascolto, un fiore lontano si schiude mentre sorge il sole, ci sono colori, ci sono razzi fatti di erbe e petali, di nuvole e panna, di parole e risate, poi il silenzio – dura appena un attimo, tra la luce e le ombre che senza apostrofi ricoprono i campi e le colline, solo un istante, si sente il mondo respirare due volte, tre, poi bloccarsi, tendersi, arrivare là: immobile, pietrificato, lo si vede ascoltare una farfalla che batte le ali, contro il sopracciglio allegro dell'orizzonte, contro e con un'alba che la culla e mi dice: svegliati.
Svegliati.
Che è successo, dove sono, dove sei. Niente più pazzi a spazzare le strade, il tempo riprende a scorrere, le macchine ruggiscono e sbattono tra loro, io sono lontana, guardo le ruote fare capriole sull'asfalto e se mi distraggo finisco sotto i loro denti di gomma. È un po' onirico, un po' surreale, troppo lontano dai boschi, e io vorrei solo tornare. Portarti con me. Avere la forza di prenderti la mano, stringerla al cuore, farti sentire quant'è calda la mia pelle, dirti che è fatta di terra proprio come te, me, come tutto il resto, che gli alberi d'estate hanno lo stesso odore che sentivano i coloni quando risalivano i fiumi, che il vento è un respiro della matrice che ci prende tutti in giro, che Faber non ce l'ha fatta ma lo canteremo noi, tu avrai dita più dolci per corde più sottili e io muscoli più veri per tamburi più soffici, avremo mani unite, cuori intrecciati come stoffe persiane, i denti bianchi, il mento sporco di ciliegie e sempre una solita canzone in testa, anche se ancora non sappiamo quale. Ma già la cantiamo. Ma già ce la teniamo sulle labbra e ce la cantiamo bocca a bocca, sospiro su sospiro. Siamo già là tra la primavera e le liane. Vasco B. mi sorride con una faccia un po' triste e mi dice stai lontana da me, ma io non resisto, lo sapete, iudices, che dove c'è scuro io mi avvicino, sono come quelle piccole stelle con quattro zampette fuori da questa finestra, sulla ferrovia, sono anch'io una lucciola e vado dove c'è buio, cerco l'oscurità per far luce, il mondo mi han detto che gira così. Byakko ridacchia dietro i monti, è preoccupato e gentile, ci conta, ci dice di aspettare ancora un po', che le pioggie arriveranno. Ma quando, ma quando. Ma chi saremo allora, ma dove. I perché li abbiamo tutti. Amore mio. Di nuovo. Deute. Kalemmi. Amore. Mio. Diastole sistole deute. Kalemmi. Amore mio. Diastole. Sistole. Non ci riesco più. Mi si è rovinata quella mano che una volta aveva un tatto. Vedo più storie, ho meno parole. Le mangio, le ingoio, le digerisco, ma non tornano più fuori. Non so che sto facendo, forse le scorte per un inverno che deve arrivare, dalla Barriera in giù, ma mi chiedo quanto durerà se la raccolta di munizioni inizia in primavera; a che tocca sparare stavolta?
O forse no. Forse è un piccolo rimbalzo verso il basso prima dell'esplosione. Un'altra esplosione. “Se ti tagliassero a pezzetti...” che faresti? Che faresti se l'avessero già fatto? Se esistessi a brandelli nel mondo, che faresti? Mi cercheresti, mi raccoglieresti al posto di una brezza sconosciuta? Degli sconosciuti ci si innamora e basta, lo sai, mentre noi vogliamo amare. Noi che siamo un po' meno randagi e un po' più vagabondi, ora, che ci cerchiamo, ci troviamo, ci perdiamo e poi diciamo che non è più perdersi, che è soltanto un modo di andare via senza andare via... Ma questi sono soltanto sputi. C'è dell'altro e me lo sento sulla punta delle dita. Non so dov'è, non so com'è, ma mi sento un po' come Gatsby sul pennone del suo yacht. In bilico. Tra santini e falsi nèi. Vedo vasi e lampade, luci, okay, il mondo è pieno di cose che brillano, non è tutto oro, lo ammetto, ma quanto hanno bisogno i nostri occhi di riempirsi di bianco e giallo. Essere a righe non mi sorprende più. Essere qua dentro, quello sì che mi fa strano. Mi guardo i piedi, i fianchi, le spalle, vedo una linea sottile fatta di grafite cerco una gomma - Thorros ce l'ha ma non me la presterà mai- per cancellarla e farmi un po' più grande, un po' più tonda, un po' più in là. Pare che non si possa fare, nessuno ci crede, ma nessuno credeva neppure che un cappello possa essere un cobra con dentro un elefante. Io invece so che è così. Perché lo so? Perché l'ho visto, e poi me l'ha spiegato una farfalla. O meglio, è ancora qua che me lo spiega, che me lo sussurra, appoggiata sul mio collo, mi fa un po' di solletico, è simpatica anche se mi fa arrossire. Che dice? Della gomma. Perché per questo confine di carne finora non ho mai incontrato altro che funzioni oltre alla vicinanza di un'altra pelle. E pare che quel contatto – solo quello, soltanto così – corroda i nostri contorni, li sfumi, li cancelli, in modo che il dentro e il fuori si fondano in una cosa unica che mi fa dimenticare che vuol dire essere me. Che mi fa diventare una e plurale. E che bell'inganno credere che sia un'inganno, anima mia. Mi chiedo come dirtelo, come spiegare che la verità è che io, te e il mondo siamo la vera trinità. Ho detto tutto, ho detto niente, ma tu comunque hai capito, capisci sempre, anche quando non credi di farlo. Fa parte della magia, sì.
Ma ora silenzio perché sembra stia ricominciando: il mondo si blocca, la notte si interrompe, tutto tace e ssht: un battito, sul mio collo di bambina.
Ali di porpora e di amore. E chissà quanto si vola lontano.
 
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