Sanity is a madness put to good uses; waking life is a dream controlled.



XVIII

Chi sono Welcome In The Universe Contatti

Mi chiamano in tanti modi, ma molto spesso non rispondo. Leda, ski-lellè del creativo, quindici anni o poco più, ovunque ma altrove, V A del Ginnasio di Urbino. Mi piacciono tante cose, tento di farmele piacere se non le conosco ancora. Ne odio poche, tutte da ridere. Controsenso per professione, marionettista per diletto e condanna, antitesi dei luoghi comuni, dannazione di questo regressivo progresso. Forse parlo senza preoccuparmi di essere capita. Non ha importanza, non più. Eppure il silenzio rimane.
MUSIC; Now I'm listening to BOOKS; Now I'm reading
De André • Led Zeppelin • Pink Floyd
The Verve - Bittersweet Symphony
F. De André - Creuza de ma
Guns n' Roses - Knocking on Heaven's Door
Placebo - Passive Aggressive
Phil Collins - Two Worlds
Gorillaz - 19 2000
Jeffrey Eugenides - Le Vergini Suicide
Murakami Haruki - Kafka sulla spiaggia
Ovidio - Le Metamorfosi
Stephen King - It
Begaudeau - La Classe
P. Khoo Thwe - Il ragazzo che parlava col vento
Charles Schulz - Coraggio, Charlie Brown!
MANGA; Inlove with what follows M o d e FILMS; Now I'm watching
21th Century Boys . ???
D.Gray-Man . Hoshino
Dogs - Bullets&Carnage . Shiro Miwa
Mode: Memories COLLECTER

VOLA IL TEMPO LO SAI
che vola e va; forse non ce ne accorgiamo
Ma più del tempo, che non ha età
Siamo noi che ce ne andiamo.
Can you feel the pressure?

i m p l o d e , Chaser
Aang, la Leggenda
The Crow
Waking Life
The Prestige
Message For You Iniziative & Forum
Ti offenderesti
Se ti chiamassi
Un tentativo?
Bambino con gli occhi d'acqua non voltarti se c'è bassa marea. A questo mondo affogano più pesci che gabbiani.

No one's gonna take me alive,
Time has come to make things right,
You and I must fight for our rights,
You and I must fight to survive
Non permetterò che tu cada in eterno - abbatterò tutte le stelle piuttosto.
Writers' Zone
 

Jericho XVIII
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! शान्ति ॐ

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I n f o

What's her name?
Mi chiamano in tanti modi, ma molto spesso non rispondo. Ho quattordici anni e ne dimostro di più e di meno a singhiozzi. Mi piacciono tante cose, o almeno tento di farmele piacere se non le conosco ancora; ne odio poche. Mi diverto come mi pare, e fondamentalmente mi piace fare quello che mi passa per la testa, per principio.
Inguaribile errante di mondi invisibili, occhio d'ambra e cuore di cristallo. Zanne di pece e artigli d'avorio; ostentare indifferenza è il mio difetto, di pregi ho solo una pelliccia a righe nere.

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  2. 11/12 16:58 Jericho XVIII: 23, 2018. Altrove. Qui.
  3. 11/3 21:44 Jericho XVIII: 2017
  4. 1/5 17:04 Jericho XVIII: Chiaro, no?
  5. 9/10 20:13 Jericho XVIII: 20.
  6. 26/8 2:39 Jericho XVIII: Of course.
  7. 25/3 14:36 Jericho XVIII: Again.
  8. 28/2 0:20 Jericho XVIII: Tanti
  9. 13/12 15:10 Jericho XVIII: Aggiornamenti.
  10. 13/3 23:02 Jericho XVIII: Passano anni. L'età è rimasta a quattordici, quindici. Dentro: uguale. Fuori: diciotto. Quasi
  11. 6/2 16:30 ~Blastø: *appare dal nulla* yay! *scompare nel nulla*
  12. 6/9 23:32 Joy XXXVII: Joy, and eternal happiness~
  13. 14/8 23:53 ~Blastø: *sbuca dagli abissi più profondi sprigionando un'enorme quantità di follia che si diffonde per tutto il blog* °°
  14. 30/10 3:02 «Joshua»: NOUUU ZZEKU NUU
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B_NORM    
view post Posted on 18/1/2015, 23:12 by: Jericho XVIIIReply
La melodia suonata da un pazzo, una coreografia di vetri rotti e colorati, schegge che lampeggiano come gli occhi di una folla curiosa. Le tue mani sulle corde, il tuo corpo che si muove, tamburi che suonano da qualche parte dentro di me. Un silenzio fatto di musica, lo hai mai conosciuto? Di trame che si nascondono tra le fessure dell'aria, respira e inspira, trema e poi ammira, fai rima, sparisci, spera. Alle nostre spalle sento bussare dei titoli di testa e non rispondo, non rispondiamo, in verità - siamo troppo occupati a scrutarci dentro senza capire, a guardarci per dimenticare chi siamo, e a volte funziona, a volte spaventa, altre volte fa sentire come-dio, Mikha'el. E mentre tu scopri che rumore fanno le tue idee quando risuonano nella mia testa, cassa di risonanza di melodie e follie, io accarezzo piano la forma dei tuoi pensieri, ne intravedo il colore, lascio che la loro luce mi culli come si fa con una speranza che nessuno ha il coraggio di alimentare – sono una falena, in mostro fatto di notte, una meraviglia intessuta nelle ombre – e sai cosa? La mia bussola, per qualche giorno, in un tripudio di lancette folli, ticchetta la tua canzone. Siamo il prosit del magnetismo, siamo l'elica stoica di un aeroplano che precipita nel paradiso del mare, Re e Regine dei pesci, crocifissi e latitanti su dimenticati sentieri zodiacali. A volte mi chiedo dove sia il nord e dove sia il sud, se fa più caldo soltanto sulle mie guance quando qualcuno ci soffia il vento dell'ispirazione, se siamo buoni a strisce cattive o cattivi a strisce buone...
Ma c'è quel vento che ti travolge, ski-lellè, e tu lo sai, ti sei ammalata di una ferita invisibile che ti fa sanguinare storie e sogni dalle mani, dalle dita, dagli occhi, da tutto ciò che c'è in te di colorato, di luminoso, e che nessuno vede mai. E fedeli vedi i tasti e le carte e le righe tamponare le lacerazioni ogni volta che hai la forza di chiedere aiuto, correrti incontro, lasciare che ciò che hai dentro scorra su di loro, si fermi loro addosso, e alla fine eccole là, le impronte rossastre di mondi nuovi, le macchie instancabili di cose che forse non esisteranno mai ma dentro te ci sono, ci sono sempre state, ci saranno sempre a premere per uscire fuori, con un sorriso complice all'angolo di ogni loro ghigno da Stregatto. Ti mettevi limiti come si mettono le briglie ad un capidoglio, ma Achab te l'ha detto che non si può cavalcare Moby Dick, soltanto affondare con lei... e adesso eccoti, persa in un mare piena di pesci, a credere che le triglie siano sirene, a buttarti un'àncora fatta di buoni propositi al collo e a rimanere sveglia sul fondale, immortale come Deadpool, prima di ricordarti che nel tuo mondo non c'è bisogno di respirare, prima di ricordarti che nel proprio mondo nessuno può morire... Un paradiso di volpi e...

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Comments: 1 | Views: 86Last Post by: Jericho XVIII (15/5/2020, 17:28)
 

B_NORM    
view post Posted on 3/4/2014, 00:46 by: Jericho XVIIIReply
Parlare a notte fonda fino ad abbronzarsi con le parole, la mattina svegliarsi con le borse sotto gli occhi colme di frasi addormentate e sogni ad occhi aperti. La tagliola delle mie emozioni, in cui sei incappato come un pesce, gli occhi incastonati nel viso, impossibilitati a scappare, sul tetto scoperchiato del mondo. Le stelle vibrano, esplodono, le ascoltiamo cantare, siamo stelle anche noi, e non riusciamo a distinguere un canto di vita da uno di morte, perché due nomi spesso diventano uno, perché i nomi spesso non significano niente. Un cartello lontano e l'eco di un testo mai dimenticato, lettera per lettera inciso sulle pareti della cella della mia mente. Sento stridere, vetro di drago che pugnala la mia follia dentro un mondo di pazzi, perché si chiama folle un cannato che si piega ma non si spezza. Il vento dell'est arriva e trucida piano noia e solitudine, lo sento fischiettare tra i war poets e uno starnuto di Ginsberg. Che poi chi sono io per giudicare, che mi sembra di aver vomitato cent'anni appena libero una decina di parole. L'età avanza ed il parto è sempre più doloroso, le frasi si incastrano, le cavità del mio cuore sono sempre più strette, il muscolo più fiacco, allentato dal peso che ne entra e ne esce in continuazione, come un ciclo di maree sanguinanti, istigato da una luna invisibile – la luna del mio umore. Punteggiatura come un apparecchio per i sentimenti. Per vederli più dritti, per sentirli più veri. Perché un punto è una minaccia ed una sicurezza insieme, la prova che riesci a concludere qualcosa, la dimostrazione che prima o poi finirai anche tu così come le tue frasi scompigliate, il tuo lessico ipnagogico, il tuo escapismo da quattro soldi. Bang, tira Dean, ed ecco un altro spicciolo bucato. Raccolgo la moneta e guardo in mezzo, la passaporta per mondi più grandi, per universi più gratificanti, per lingue che suonano brillanti come l'alba di questa primavera informe. Ogni mattina mi sveglio e mi trovo addosso una pelle più vecchia, che un'ombra paziente ha cucito durante la notte. Che farmene?, mi chiedo, e inizio a grattarmi, e tutto il giorno saltare, ballare, scuotersi, rotolarsi, strisciare contro muri e costrinzioni, supplicare santi e bestemmiare diavoli, ma niente, il prurito rimane, il tempo passa, ride, e lascia la sua polvere pruriginosa dalla radice dei miei capelli alla punta dei miei talloni. Ma le ali no, quelle si salvano. Mai ferme, mai esitanti, sempre isteriche e oscillanti nel magnetismo che le attira lassù – lassù dove? Ovunque ma non qui. Nei momenti in cui il totalmente altro diventa esattamente noi. Strade incrociate che percorriamo sulla punta dei piedi, Ecate che ci spia ad ogni incrocio, i suoi tre volti rivolti alle nostre doppie facce, le sue tre età a reggerci il bastone, ad infilarci la fede, a dondolarci la culla. E poi e...

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Comments: 0 | Views: 72Last Post by: Jericho XVIII (3/4/2014, 00:46)
 

B_NORM    
view post Posted on 20/10/2013, 23:01 by: Jericho XVIIIReply
Kan-ya-ma-kan, non ho smesso di scrivere, ho solo ripreso in mano il sussidiario illustrato della mia grammatica interiore e mi sono perduta nella superficialità dei sensi, nell'assorbire dati empirici come una spugna che non gratta più grasso superfluo dalla pelle perché d'inverno col sole lontano anche l'eccessivo è necessario. Conosco le leggi del mondo e te ne farò dono – ha detto, ma prima o poi ogni figlio si ritrova a far da padre al genitore e quando il sacro si fa profano il bacio della buonanotte è una condanna a sogni migliori. Alzeremo la testa quando sarà il nostro momento? Noi che non abbiamo più fiducia nella sacralità dei pasti, che non ci chiamano alle armi ma alla felicità, noi che viviamo nella repubblica delle bambe fondata sul lavoro di molti per il bene di pochi, quando ci chiederanno di diventare chi saremo che scelta avremo il coraggio di fare, quella che desideriamo o quella che il consorzio umano chiede? Salve buonasera vorrei un futuro che non stia né troppo in bilico né troppo fermo, no non voglio condividerlo con nessuno, tenga pure il resto, che me ne faccio della vita ormai. La banca dei giorni spende bonus irrazionali nei respiri trattenuti. E noi non riusciamo a contare proprio ciò che sta finendo, un momento alla volta. E io non ho smesso di scrivere, sono solo diversa, e diversa non vuol dire non scrivere, continui a ripeterti questo, attaccata come un mollusco alla tua corda di virgole tese sugli abissi di un'incapacità che non comprendi più. Cosa hai dato in cambio? La parola? No. No, stai ricominciando a studiare come si parla, l'hai detto tu stessa, di nuovo. Le persone? No, le persone sono come prima, più di prima, realtà contingenti alla tua, che più che toccarti ti sfiorano, che più che soddisfarti ti affamano. E hai paura che qualcuno ti rinfacci che ti atteggi. Cosa risponderesti, dolce piccolo tremore di mani, non lo sai. E oggi è il diciotto ma tu non lo vedi più, fuggi dai numeri, ti nascondi nelle tue fiabe, continui a ripetere “domani”, riconoscendo sempre di più la tua ombra sugli altri che ne frastaglia i contorni e sempre più ti porta a chiederti con chi parli, se con una mònade o un'altra proiezione della tua testa, che dirà sempre qualcosa che puoi capire-non-comprendere come fossero personaggi di un libro che stai scrivendo senza accorgertene. Questa paura di ammettere che ti rivolgi a te stessa quando parli in seconda persona, come se non passassi abbastanza tempo davanti allo specchio, no; ora anche queste zampette di gabbiano sul bianco contro il quale ti scagli devono diventare riflessi, anzi, è il modo migliore di vederti, per riconoscerti nel nero che non è più inchiostro ma un incubo di pixel, di tenebre di significato, di insoddisfazione che non hai il coraggio di cancellare, ostinandoti a unire punti e spazi sperando...

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Comments: 0 | Views: 83Last Post by: Jericho XVIII (20/10/2013, 23:01)
 

B_NORM    
view post Posted on 17/9/2013, 01:10 by: Jericho XVIIIReply
Dling, dlong, dling, dlong, se questi giorni fossero pioggia cadrebbero ordinatamente sul davanzale della mia vita, una fila indiana di momenti e sapori, il dolceamaro insieme al colorato, il grigionero con il gusto aspro della scuola che si riapre, bentornati a casa, giovani cervelli, scaldate legno vecchio, addormentatevi di nuovo. La campanella suona gli intervalli del mio impegno, il tempo di un sospiro, uno sguardo a destra e mi torni in mente tu, lontano, un'eco oltre la valle, quel tipo di voce che non sai mai se ti fa il verso o la stai imitando tu. Cos'è originale? Questa incomunicabilità che ci eravamo promessi di non invitare mai nella nostra bocca o la parete graffiata del tuo silenzio che sto cercando di scalfire? Niente, niente, tutto si ripete, un pigiama dello stesso colore, un settembre che si spegne ogni mattina, svegliatemi quando finisce, fatemi alzare se inizia davvero. Vorrei la neve, e la febbre-febbraio, diciannove anni del piccolo lupo, Natale già dietro, anniversari più vicini, meno passi da azzardare sul filo spinato in equilibrio sull'abisso. Ogni volta che schiudo le labbra ci sono frotte di parole che si addensano ad un millimetro dal confine tra l'errore e l'inevitabile. Ma cosa possiamo farci? Abbiamo caricato la molla, e impazziti corriamo in avanti. Figure di bambini, giocattoli sull'orlo di un alto comodino, curiosi di sapere che razza di scheletro c'è nell'armadio di Dio. Eppure ci stiamo perdendo, non credi? Lupo, non so neanche più chi sei, mi dicono che Bacco ti stana, che l'amore ti abbraccia, che sei la perla più brillante di una lunga collana, ma da me che sono ostrica ti dimentichi troppo spesso di tornare. E non so, non so se abbandonare questo vecchio bello scoglio che è la mia casa di sempre o chiamare te come una sirena, ricordarti che si brilla anche sotto il mare, che non c'è bisogno di un riflettore per essere belli, che il flash di una macchina fotografica ti ruba l'anima se non stai attento. Tu che nelle foto non sorridi mai, come pensi di apparire agli occhi degli altri? Ma sono lumaca e lumaca farò. Per te lentamente mi caricherò questa casetta sulle spalle e cavalcherò le onde per raggiungere il tuo villaggio sulla spiaggia. Quando il fuoco si alzerà e i canti faranno fremere la sabbia, mi avvicinerò a te e ti guarderò danzare per capire qual è la tua vera terra e se sarà quella, se sarà quella, fratello lupo, ti lascerò là con un sorriso. Ad Edimburgo ci andremo un'altra volta, la vita è lunga, il canto di un'armonica ancora di più.
Lirica licantropa, giochi di parole, parole in gioco, chi vince, chi perde, mi ripeto?, mi ricordo, lacrime di pennarello mi dicono ogni sera che c'è un ordine da seguire, nella mente la voce di un'altra generazione che mi intima di risolvere problemi non miei, non...

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Comments: 0 | Views: 37Last Post by: Jericho XVIII (17/9/2013, 01:10)
 

B_NORM    
view post Posted on 13/3/2013, 23:01 by: Jericho XVIIIReply
Che tanto a piangerci addosso ci si arrugginiscono solo le guance. Sento una forza nuova dentro, un nuovo linguaggio da tradurre, fuori tutto esplode e come argilla tengo la mia vita tra le mani anche se sembra sfaldarsi ogni volta che il mondo mi costringe ad annaffiarla. Mondo e Teatro, Teatro e Mondo, quello finto-vero è da un po' che fa lack, quello vero-finto è sempre più finto è sempre più reale, ma no, Carlo G., non m'è d'ispirazione soltanto, non sono un grande Demiurgo fricchettone, un Ermete Trismegisto che nel brodo primordiale guarda e descrive, ordina e conduce, no, io ci sono in mezzo, e non posso prenderlo soltanto come Musa perché non sta fermo, non si lascia ritrarre e basta, mi vuole parlare, mi consiglia e mi critica, mi umilia e mi esalta, mi sorride e mi volta le spalle. Che di spalle di questi tempi ne ho viste abbastanza. Spalle su cui non ho mai pianto che all'improvviso trovo girate per sempre, chiuse come la Porta di Corno, quella degli incubi, o era l'altra?, ma insomma per sempre perse, e lei mi dice di sì e lei mi dice di no, ma un perché non c'è un perché non c'è. Sembra tutto così musicale se lo ascolti ad occhi chiusi. Stamattina sullo schermo di vetro il cielo sfilava su una passerella di occhi e le nuvole giocavano sulle sue forme celesti con un vedo-non-vedo che mi ha fatto battere forte il cuore. Quella tv che si spegne soltanto quando cala la sera, e che funziona senza elettricità perché le stelle di notte non fanno più spettacolo ma sono spettacolo. E devo continuare a convincermi che di giorno ci sono, solo che c'è qualcosa che brilla più forte di loro, e magari è così anche per la gente, se non vengono fuori è perché qualcosa di più grande mi abbaglia ma: ma, ma, ma, Leda, piccola, la luce in loro c'è, devi soltanto crederci, prendere un biglietto e tuffarti nel vuoto. Il cielo si accende anche per te ogni mattina, anche se l'alba sembra più la prova tecnica di un concerto che aspetti inizi da una vita. Perché forse le prime note le hanno già suonate, e sei soltanto tu che non te ne sei accorta. Ad esempio la sua pelle. La sua pelle liscia; forse che non canta? Forse che non la riesci ad ascoltare, ogni giorno col tuo orecchio sensibile sulla sua superficie piatta e il tentativo di sentir fiammeggiare qualcosa dentro di più grande dei tuoi sogni, che ne bruci i confini, che ne rischiari le speranze. Perché di speranze si vive, si vive di speranze verdi, e Kermit aveva ragione perché in questo stagno di pesci idrofobici essere verdi è sempre più un'impresa. Canteranno le mie gesta sulle carte igieniche del futuro. I miei figli leggerano del Papa e di papà, del latino e delle esponenziali, della rabbia e del dolore, del piacere e del blu dell'inchiostro, delle letture e del sonno perso, dei compiti mancati e delle mancanze in...

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Comments: 0 | Views: 39Last Post by: Jericho XVIII (13/3/2013, 23:01)
 

B_NORM    
view post Posted on 13/3/2013, 22:58 by: Jericho XVIIIReply
What if I went back to writing? What if I filled the gaps? What if aprissi di nuovo il rubinetto arruginito di un'enorme diga di sogni, illusioni e parole in ordini criptici incastrate e compresse come le lettere sul palato di un muto? Se tornassi di nuovo a dipingere coi colori del vento, e per farlo spalancassi finestre, gambe, porte blindate, casseforti automatiche e nervi? Se fossi ancora fatta di sale e di schiuma, di fili e di risate, di ispirazioni e aspirazioni di fumi immaginari? Se potessi ancora scrivere elenchi interminabili fino a consumare l'inchiostro dentro la mia testa? Se avessi voglia di fare a pezzi i punti interrogativi di tutte le mie brevità, e tornare ad essere prolissa sì, ma viva, illeggibile sì, ma scritta? Se fosse l'ora? Se l'avessi deciso ora?
C'è palingenesi? No. È tutta una finta, è una finta, lo leggo nelle foglie che cadono solo perché il mio passo le calpesti. Per poi disgregarsi e tornare terra in Africa o in Spagna per poter dire “il suo cammino è passato sul mio dorso”. Terra che gira, giri della terra. Finalmente vedo di nuovo le volute e i nastri. Col naso all'insù scruto nei meandri dell'opera d'arte. Mi sono circondata senza accorgermene di un mosaico di persone che mi facesse caldo e strade per nascondermi a casa o per fuggire via. Adesso è tempo di decifrarle. E mi sento di nuovo viva. E sento che quello che scrivo fa schifo ma che un nuovo gusto vi si sta insinuando dentro. E posso continuare. Ora. Silenzio. Rumore. Forte. Ripetizione. Scontatezza. Forse no. Perché le lettere sono sempre quelle, quattro basi azotate cioè quattro nucleotidi, venti amminoacidi di cui dieci di natura e dieci per assunzione, ma tutti diversi per come stanno insieme. Sulle ali della farfalla scivolo sempre più in giù. Devo ricominciare ad ascoltare – no! Ad ascoltarmi. Per ricordarmi come si fa, a stendere vernice fresca stando seduti sulla panchina. Sento rombi di aerei sopra la mia testa. Sono i miei ricordi che vanno all'estero e mi lasciano qua. Forse come Artemisia dovrei fuggire per ricominciare altrove, lasciando tutto il male qua, ma sta succedendo il contrario: è il male che parte. Dove va? Da altri? Ma no. Atterra nei lidi abbandonati delle cose inutili. Perché ha tutto sempre più senso da quando la bambina ha scoperto che odiare non serve a niente. Però si sdoppia ancora. Ma per chi scrivi? Fregatene. Non ha interlocutori e ne hai cento. Non ti legge nessuno e ti leggono in mille. Ma sii te. È la regola, sii te. Sii felice, Bianco, sii felice. Kuroshiro. Ma sì, va bene anche così: e adesso guarda. Immagina, sogna, scopri, sii l'idea di perfezione di qualcuno. Lidi abbandonati, dicevi? Macché. Tu non perdi niente. Tu vai avanti. Macini righe come i cereali della colazione, neri che fa piacere avere il cioccolato tra i denti senza s...

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Comments: 0 | Views: 43Last Post by: Jericho XVIII (13/3/2013, 22:58)
 

B_NORM    
view post Posted on 31/8/2012, 13:40 by: Jericho XVIIIReply
E poi. Oip. iOp. Ci sono quei momenti in cui riprendi in mano le tue vecchie cose, le tue valigie di ciondoli e i tuoi sogni d'estate, e decidi una destinazione. Destinazione. Che cazzo vuol dire destinazione. Perché non hanno inventato una parola meno perfetta, perché la usiamo così spesso senza sapere cosa vuol dire? Sui biglietti del treno: destinazione. Sui pannelli all'aeroporto, destinazione. Sulle etichette delle valigie, destinazione. Nelle domande sulle vacanze, destinazione. Sulle foto di internet, destinazione. Destino. Ma che cazzo vuol dire destino? Sì, ho voglia di urlare, di nuovo, ora un po' di meno, ora ancora di più. Non so perché. Voglia, a volte, di alzare il volume, di rompere tutto, di iniziare a ballare e non smettere più. Di dipingere il vento, mangiare le parole e fare tante altre cose che puoi fare solamente se hai presente come si scrivono. Ho voglia di prendere il largo, con una sdraio-banana perfecta por tomar el sol, fino all'Albania e poi oltre, il lago Bajkal, la fossa delle Marianne, Atlantide. Basta, andiamo via, andiamo via per un po', prima che il giro di giostra ricominci. Perché ho voglia di fare tante cose. Ho voglia di farmi una corona con il girovita del mondo, poi di sbroccare, di ripigliarmi, di dire tante cose, di tacerne tante altre, voglia di sentire, di mandare a fanculo i numeri sulla tabellina dei cinque sensi e di imparare a percepire di nuovo ogni cosa come fossi la bambina che ancora tira la coda agli aquiloni. Ho voglia di ricominciare, Dio del marzapane, dio del vino, dio divino, e ho voglia di continuare. Ho prima voglia di smettere, poi di riprendere. Per poi stancarmi, e appassionarmi, e riprendermi e millantare tutto quello che vedo. Millantare, affascinata, come Gesù nel tempio, come Giuda tra le cosce di Maddalena e dire che sì, oh sì, dio esiste, dio è nei dettagli che gioca a briscola col diavolo. Mamma siediti e ascoltami bene, mamma guardami, mamma sono sempre io. Io che voglio spezzare la vita e ricucirla insieme nella coperta patchwork del bambino Linus Van Pelt che mi vive dentro – sei ancora lì, piccolo? Respiri? Non ti sto ancora stretta? È tutto questo mare, scusami, lo sai che l'acqua fa restringere un pochino, e come mi ha detto un amico americano: questa è l'acqua, sì, tutta, tutta questa, tutta questa vita che ti scorre addosso e dentro e non ti lascia il tempo di affogare. Ma perché parlo io che ho voglia di giocare di nuovo con lui, Linus, sotto questo sole che diventa pioggia ma sempre cielo resta. È una voglia strana, che sa di mare, di futuro, di promesse, di appartamenti stretti, fantasie e corpi sempre più caldi, sempre più forti, sempre più veloci. Prima non la sentivo. Ho questa mezza idea di aver cambiato linguaggio, di non saper ululare e latrare e abbaiare a un'ombra di corvo come facevo...

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Comments: 0 | Views: 81Last Post by: Jericho XVIII (31/8/2012, 13:40)
 

B_NORM    
view post Posted on 3/6/2012, 23:55 by: Jericho XVIIIReply
Beat, beat, beat down. Sotto il ponte, a dodici metri da terra, occhi impastati, gole elettroniche, passi leggeri, ticchettio di pioggie, e in un istante con un battito di ciglia tutto il mondo cambia, il tordo torvo spicca il volo, il corvo nervino gracida ed è rana, tutto si cheta, in ascolto, un fiore lontano si schiude mentre sorge il sole, ci sono colori, ci sono razzi fatti di erbe e petali, di nuvole e panna, di parole e risate, poi il silenzio – dura appena un attimo, tra la luce e le ombre che senza apostrofi ricoprono i campi e le colline, solo un istante, si sente il mondo respirare due volte, tre, poi bloccarsi, tendersi, arrivare là: immobile, pietrificato, lo si vede ascoltare una farfalla che batte le ali, contro il sopracciglio allegro dell'orizzonte, contro e con un'alba che la culla e mi dice: svegliati.
Svegliati.
Che è successo, dove sono, dove sei. Niente più pazzi a spazzare le strade, il tempo riprende a scorrere, le macchine ruggiscono e sbattono tra loro, io sono lontana, guardo le ruote fare capriole sull'asfalto e se mi distraggo finisco sotto i loro denti di gomma. È un po' onirico, un po' surreale, troppo lontano dai boschi, e io vorrei solo tornare. Portarti con me. Avere la forza di prenderti la mano, stringerla al cuore, farti sentire quant'è calda la mia pelle, dirti che è fatta di terra proprio come te, me, come tutto il resto, che gli alberi d'estate hanno lo stesso odore che sentivano i coloni quando risalivano i fiumi, che il vento è un respiro della matrice che ci prende tutti in giro, che Faber non ce l'ha fatta ma lo canteremo noi, tu avrai dita più dolci per corde più sottili e io muscoli più veri per tamburi più soffici, avremo mani unite, cuori intrecciati come stoffe persiane, i denti bianchi, il mento sporco di ciliegie e sempre una solita canzone in testa, anche se ancora non sappiamo quale. Ma già la cantiamo. Ma già ce la teniamo sulle labbra e ce la cantiamo bocca a bocca, sospiro su sospiro. Siamo già là tra la primavera e le liane. Vasco B. mi sorride con una faccia un po' triste e mi dice stai lontana da me, ma io non resisto, lo sapete, iudices, che dove c'è scuro io mi avvicino, sono come quelle piccole stelle con quattro zampette fuori da questa finestra, sulla ferrovia, sono anch'io una lucciola e vado dove c'è buio, cerco l'oscurità per far luce, il mondo mi han detto che gira così. Byakko ridacchia dietro i monti, è preoccupato e gentile, ci conta, ci dice di aspettare ancora un po', che le pioggie arriveranno. Ma quando, ma quando. Ma chi saremo allora, ma dove. I perché li abbiamo tutti. Amore mio. Di nuovo. Deute. Kalemmi. Amore. Mio. Diastole sistole deute. Kalemmi. Amore mio. Diastole. Sistole. Non ci riesco più. Mi si è rovinata quella mano che una volta aveva un tatto. Vedo più storie,...

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Comments: 0 | Views: 54Last Post by: Jericho XVIII (3/6/2012, 23:55)
 

B_NORM    
view post Posted on 14/3/2012, 23:06 by: Jericho XVIIIReply
Oh.
Soltanto piume su questo letto di formaggio.
Soltanto un'eco pacifica su questa lastra spenta.
Un giorno si accende, un giorno muore. Poi cala la notte e io mi faccio piccolina di nuovo. A piccoli passi spingo la mia barchetta di carta dall'Isola ai Giardini di Kensington e fino all'alba rimango a guardare Peter Pan che giace con le fate. Poi “il sogno si interrompe”, la solitudine scompare. L'anta dell'armadio si richiude su Narnia e con le spalle contro i cappotti ruvidi inizio a ridere e non la smetto più. Mi portano via. Mi stringono. Mi prendono la testa tra le mani, mi costringono a fissarli, mi chiedono: “promettimi che”. La bambina sorride da dietro le mie labbra di belva. Oh beluis. E la bambina dice sì. Lyra Linguargentina. Polsi liberati da mille giuramenti, un solo inverno nel cuore, una solita eterna estate che frizza nelle parole. Mi lasciano. E mentre grido le mie risate al cielo, ancora un'altra primavera si sveglia e mi bussa sulla nuca. Chiede il permesso di entrare. Io allargo le braccia. Il calore penetra fino alle mie ossa. Frescura. Un avvertimento. Poi il sogno finisce di nuovo.
Sono in una stanza bianca con le ginocchia al petto e accanto a me lui ha una camicia e i capelli sugli occhi. Sento le palpebre pesanti. Nell'aria aleggia una canzone dei Sigur Ros, oltre al suo odore forte e familiare che mi ricorda casa. Ma casa non esiste più. Era un legame chimico, nulla oltre ad elettroni instabili nella danza frenetica dell'imperfezione. Lui parla e mi racconta di Polemos. Io leggo il mondo sulle sue labbra. E lo bacio a lungo. Lo bacio a lungo dentro la mia testa, finché non mi costringe ad aprire gli occhi e a rendermi conto che lui è lì veramente, che è la realtà per davvero, che...
Dimmi, Har Baje, dimmi se il sogno si spezzerà ancora.
Tornerò ad essere farfalla sul naso storto di Chuang Tsu?
“Ha ha ha” ride la Tigre e mi riporta sul prato verde della Fortezza, con i capelli arricciati tra i fili d'erba e la schiena percorsa da un brivido di liberazione. Non scherzo quando dico che a Samarcanda ho perso il mio pesciolino d'oro. Che nel pianto della bambina lo sento sguazzare in questo meraviglioso cerchio beffardo che è la vita e che non ha più voglia di abbandonarmi. Ho afferrato un filo, papà, e corro in avanti, e inciampo, e cado, e mi lascio trascinare con le ginocchia che sanguinano e le scarpe consumate. Questi sandali alati sporchi di cera e labirinti. La paura del bianco. Il ritorno. L'andata. Il ritorno. Vedo il decollo. È un ricordo chiaro: non sono altro che un pupo in braccio a qualcuno, il mondo è immenso di fronte a me, le montagne si aprono alla mia vista e arrivano più lontano di dove io possa raggiungerle. E quella vertigine mi agita, mi eccita, mi semina in corpo una strana voglia di buttarmi anch...

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Comments: 0 | Views: 62Last Post by: Jericho XVIII (14/3/2012, 23:06)
 

B_NORM    
view post Posted on 15/2/2012, 11:08 by: Jericho XVIIIReply
Non so se c'è un motivo per cui non riesco a scrivere più niente, ma se ne devo trovare uno direi l'en-theos, sì; my Nuncle, indubbiamente punterei il dito su questa en-thusìa, e ripassando con più convinzione, condannerei questo en-thusias-mos che quasi non mi fa respirare dal naso – e poi mi lascia prendere aria da un punto talmente alto che non ho più paura di cadere perché anche salire più in su sembrerebbe scendere. Quante altre cose vogliono dire le parole “espirare” ed “espirare” quando scopri che “anima” vuol dire “soffio”. Fsss. Breathe. Non ho più paura di questo corpo. Brava, ripetilo. Dillo ancora. E respira di nuovo. Perché se è vero che tutto è un cerchio, nell'altalena della vita sono in quel breve periodo in cui la corda si rilassa dopo la spinta ed il punto massimo e poi torna giù. Non sono sicura - non sono sicura. Non sono sicura di non essere cresciuta abbastanza da non graffiarmi i piedi adesso che dovrò tornare a sfiorare il suolo, non sono sicura che non mi spezzerò le caviglie quando dovrò atterrare da questo volo pindarico – e/ma non- in cui mi ha accompagnata Garuda – Garuda, Garuda, nome tanto puro, dove sei? Quale cielo, quale terra ti porta? Quale cuore, quale penna e quale inchiostro? E intanto tutto esce, e intanto tutto entra, e tu non sai più chi sei ma nello stile paratattico sintattico paratetico sintetico ti ritrovi e giocando l'eternità è un fanciullo nel suo regno. Datemi i draghi. Ridatemi i mondi. Datemi i fanti, e i re, e i trampoli, e le maschere ed i colori di Venezia, voglio l'acqua della laguna, voglio i riflessi sulle statue di marmo, voglio i gusci, e il muschio, e la polvere di questa civiltà imperitura che morente arranca verso il sole del passato. E quant'è lontana l'acqua quando hai dimenticato di bere. E quant'è vicino un amore quando fai finta di non sapere. Quanto calore nelle mani che quasi pesano nello scaldarsi da sé. Quanta voglia di tornare indietro. Quanta poca forza quella di farlo, e c'è un motivo, Madjorie, c'è un motivo, se quando il sole tramonta sembra che tutte le nuvole fuggano verso est. Animo e riflessi, verbi e congiunzioni, il giogo/gioco del logos, vedi quant'è facile ballare? Basta che schiuda le labbra, basta che tu le veda, basta che tu stia lontano dai miei occhi per tanto poco perché questa pelle ti sembri meno pesante, non più trasparente ma più leggera, e il tuo sguardo si faccia freccia, e interrompa Prajapati e Uśas, per tornare a sapere che siamo tutt'uno, mente e corpore, iuvine e graio, Themi, Methis e Mnemosyne con lo stesso manto e la medesima voce di mamma che chiamano e ti stringono a sé per evitare che tu le costringa in un seno morbido o in una nicchia umida nella quale ripararsi e fuggire tutta la vita. Forse torno ad urlare come facevo da bambina. Forse torno ...

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Comments: 0 | Views: 53Last Post by: Jericho XVIII (15/2/2012, 11:08)
 

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